Gaetano (Gay) Talese (1932) è uno scrittore italoamericano, che ha scritto per il New York Times all’inizio degli anni ’60 e ha contribuito a definire il giornalismo letterario o “nuovo reportage di saggistica”, noto anche come “New Journalism”. Nell’88 ha aderito unitamente allo scrittore Isaac Asimov ed altrettante personalità della politica, del giornalismo e delle Università italiane, alla presentazione a New York del primo Simposio dell’Associazione Internazionale Magna Grecia allora presieduta da Gino Gullace, corrispondente per la Rizzoli Corporation e veterano dei giornalisti italiani a New York che ha contribuito allo scambio dei valori della Magna Grecia al di là dell’Atlantico. Dal 1990 Talese appartiene al Comitato d’Onore della stessa Associazione.

Nacque ad Ocean City, appena a sud di Atlantic City. Figlio di italiani emigrati, il padre Giuseppe (Joseph) Talese, era un sarto emigrato negli Stati Uniti nel 1922 da Maida, un pugno di case a metà strada tra lo Ionio e il Tirreno, in provincia di Catanzaro. Sua madre, Catherine DePaolo, era un acquirente per un grande magazzino di Brooklyn, New York.

Ocean City era stata fondata da pastori metodisti ed era abitata in maggioranza da irlandesi protestanti. La sua famiglia gestiva un negozio per abiti da donna nella cittadina sulla costa atlantica e Talese scrisse della storia della sua famiglia e del paese paterno nel romanzo “Unto the sons” (Ai figli dei figli) del 1992.

Il suo ingresso nella scrittura professionale è stata una conseguenza non intenzionale del suo tentativo di guadagnare più tempo di gioco nella squadra di baseball sollevando il suo allenatore dalla responsabilità di inoltrare i rapporti di gioco al settimanale Ocean City Sentinel-Ledger. Colpito dai suoi resoconti, il giornale gli diede una colonna regolare.

Forse riflettendo il fanatismo ancora pervasivo in molte università dell’epoca, Talese fu rifiutato da dozzine di college nel New Jersey e negli stati vicini. Alla fine, venne accettato all’Università dell’Alabama.

Durante il suo ultimo anno, è diventato direttore sportivo per il giornale del campus, Crimson White, iniziando una colonna che ha soprannominato “Sports Gay-zing”.

Laureatosi nel 1949, iniziò poi a lavorare come fattorino per il New York Times. In “Times Square Anniversary” intervistò l’uomo che era responsabile della pubblicazione dei titoli che lampeggiano attraverso il famoso tendone sopra Times Square.

Subito dopo fu arruolato nell’esercito, al programma del Corpo di addestramento degli ufficiali di riserva in Alabama. Fu incaricato come sottotenente e inviato a Fort Knox, Kentucky, per addestrarsi nel Corpo dei carri armati. In poco tempo venne trasferito all’Office of Public Information dove ritrovò a lavorare ancora una volta scrivendo una colonna regolare, “Fort Knox Confidential” per il giornale del corpo “Inside the Turret”.

Quando Talese completò il suo obbligo militare nel 1956, tornò al New York Times come giornalista sportivo a tutti gli effetti. Tra le varie competizioni, la boxe ha avuto per Talese la più grande attrattiva. Ha scritto 38 articoli solo su Floyd Patterson.

Il suo primo libro pubblicato è stato The Bridge (1964), una rappresentazione in stile giornalista, saggistica della costruzione del ponte Verrazzano-Narrows a New York City. L’articolo di Esquire del 1966 di Talese “Frank Sinatra Has a Cold” è uno degli articoli di riviste americane più influenti di tutti i tempi ed esempio pionieristico di “New Journalism”. Il celebre pezzo di Esquire di Talese su Joe DiMaggio, “The Silent Season of a Hero”, – in parte una meditazione sulla natura transitoria della fama – apparve anche nel 1966.

Talese fu promosso all’Albany Bureau per occuparsi di politica statale, ma fu un incarico di breve durata poiché le abitudini rigorose e lo stile meticoloso di Talese irritarono i suoi nuovi redattori al punto che lo richiamarono in città, assegnandolo a scrivere necrologi. Dopo un anno in questa sezione, Talese iniziò a scrivere articoli per il Sunday Times che era gestito come organizzazione separata dal quotidiano Times dall’editore Lester Markel.

La sua vena letteraria gli consentì di pubblicare libri come “The Kingdom and the Power”, “La donna d’altri” e “Onora il padre” (1971), sui travagli della famiglia criminale Bonanno negli anni ’60, che fu trasformato in un lungometraggio.

Lavorò in seguito per la rivista “Esquire”. Famoso per la sua “arte” nel fare giornalismo, si qualificò come precursore del nuovo modo di fare giornalismo conosciuto poi come “New Journalism”. Con il reporter Tom Wolfe diede vita ad un genere di informazione collocata a tra il giornalismo e la letteratura, che scavava nelle microstorie delle persone semplici, la gente che costituiva il tessuto vitale della metropoli.

Per il suo ultimo romanzo “Ai figli dei figli” si rifece ad una storia che ripercorreva l’itinerario delle origini: la Magna Grecia, culla di civiltà. Talese scavava nei più intimi recessi della memoria familiare e nel vissuto di Maida. La sua indagine a metà tra la rigorosa ricostruzione storica e la commistione di elementi di pura invenzione sviluppò anche uno dei caratteri tipici dell’emigrante: la diffidenza, la sindrome che porta a ricreare il paesetto d’origine per difendersi dall’ambiente esterno, generalmente ostile. Ben visibili risultarono gli effetti del vero e proprio salasso di energie umane patito durante l’esodo, famiglie intere partite in cerca di fortuna dal Comune calabrese.

«Noi eravamo gli estranei, la minoranza, a cui veniva insegnato a tenere le bocche chiuse, a integrarci, a non farci notare».

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